Oggi mi sono recata come tutti i giorni all'istituto di riabilitazione ad accompagnare il mio assistito tetraplegico a fare terapia. Nel piazzale c'era un carro funebre e quindi entrando ho chiesto alle terapiste chi era mancato nella notte e mi hanno risposto che si era spenta una donna con gravi problemi di salute dovute ad idrocefalia e a deformità varie. Io non pensavo di riuscire a ricordare chi fosse la donna (tra l'altro 51enne) e la terapista mi ha detto che se volevo potevo salire a darle un saluto. Io ho risposto che preferivo non disturbare i famigliari durante la veglia funebre. Mi è stato risposto che non c'era questo pericolo perche non c'era alcuna veglia funebre perchè non c'era alcun parente. Ho detto che in quel caso salivo volentieri a fare "la Croce" alla signora (dalle mie parti si dice che va in paradiso quell'anima che porta almeno cento croci, nel senso che chiunque va a fare il segno della croce al defunto lo deve fare per tre volte all'arrivo e per tre volte prima di andar via. Presumo che il significato implicito di questa tradizione sia che chi si è comportato bene in vita poi quando muore vanno tante persone a salutarlo per rendergli merito di ciò che ha fatto i n vita e quindi cento segni di croce sono raggiunti e superati).
Ma quell'anima sfortunata e Santa che colpa aveva? Di ritrovarsi lontana dagli affetti perchè gravemente handicappata? Di non avere avuto più il papà e che la mamma malata di alzheimer non sa più neppure che ha avuto una figlia e che è morta? Di avere una sorella nubile che alcuni giorni fà ha subìto un grave intervento chirurgico e si trova sola in terapia intensiva in un'altra regione?
Beh, la cosa che più di tutto mi ha impressionato è stato andare alla stanza dove c'era la signora e trovarla non solo vuota, ma addirittura chiusa a chiave, che per entrare ho dovuto aprire la porta dando due mandate. Mi ha commosso rendermi conto della solitudine in cui è mancata quella signora e probabilmente ha dovuto vivere in solitudine anche quel momento in cui ogni uno di noi spera di essere tenuto per mano e incoraggiato . Lo scorso anno anche al mio amico Rolando è toccata la stessa sorte nella RSA in cui era ricoverato a seguito dell'ictus. Aveva ben 96 anni e fino a circa tre mesi prima di mancare eravamo a ridere e scherzare ricordando le sue avventure birichine e io dicevo che lui era il papà e il nonno che chiunque avrebbe sempre desiderato.
Rolando era moderno nonostante l'età (infatti non si era mai sposato, ma aveva convissuto con la sua compagna per ben 54 anni, fino a quando lei, che era di 16 anni più giovane, non è morta) , aveva viaggiato in lungo e in largo in Europa, non in aereo perchè aveva paura di volare, anche se poi raccontava di quando lo avevano deportato in Libia , durante la seconda guerra mondiale e che lo avevano riportato in Patria proprio in aereo. Era figlio unico e perciò negli ultimi anni della sua vita era solo al mondo, anche se poi aveva amici che gli volevano bene e che non gli hanno mai fatto trascorrere una domenica o una festività in solitudine e anche se non lo abbiamo potuto vegliare eravamo presenti sia al funerale che al momento della sepoltura.
Rolando era una persona veramente speciale e mi manca un casino e ogni giorno passando davanti casa sua gli rivolgo tutt'ora un pensiero di saluto.
Io purtroppo ero quella che non potevo essere spesso troppo presente, ma lui sapeva benissimo che al minimo accenno su di me ci poteva contare in qualsiasi momento e a qualsiasi ora.
Ne ho avuto prova di questo suo profondo affetto nei miei confronti e della mia famiglia, quando , dopo morto andando a vuotare l'appartamento (che aveva in affitto) dalle sue cose, abbiamo ritrovato i suoi diari, ce ne erano decine e decine, che riportavano sia tutto ciò che avveniva durante le giornate, ma vi riportava spesso, letteralmente i dialoghi che faceva con le persone che erano in contatto con lui e c'erano anche i commenti personali a tali dialoghi. Ai diari ha affidato le sue ultime volontà. Così siamo venute a conoscenza del suo rapporto epistolare con una pronipote della sua compagna a cui ha voluto lasciare tutti gli oggetti in oro, addirittura a me ha lasciato alcuni soprammobili in ottone e altri numerosi oggetti in argento e di cristallo (fra cui un servizio di bicchieri di cristallo di boemia). A mio marito e a mio figlio ha disposto di lasciare i suoi libri e i suoi atlanti (alcuni storici datati dei primi del 900) con tutte le cartine e le cartoline dei luoghi in cui è stato, e la sua televisione LCD 32 pollici che lui non è mai stato capace di far funzionare, perchè diceva che era complicato imparare per un vecchio, lo aveva voluto lui , ma poi anche se mio figlio diverse volte aveva cercato di insegnargli ad usarlo e così lui non lo aveva più voluto. Ad altri ha lasciato a chi un quadro a chi dei mobili antichi a chi un arazzo. Lui sapeva benissimo che l'affetto che gli davamo non era motivato ne dai soldi (che effettivamente non aveva) ne da altre motivazioni e ci ha lasciato le sole e uniche cose di valore con cui si era contornato che avevano principalmente un valore affettivo per lui e che voleva essere certo non sarebbero finite in mano di persone a lui estranee.
Fra qualche settimana sarà un anno che se ne è andato e sento la stessa tristezza di allora. La certezza di aver perso una persona cara, un amico sincero, un amico anche rompiscatole e a volte testardo ma buono di una bontà che difficilmente oggi le persone anche a meno della sua età hanno.
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